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A Pescara l’auto simbolo della lotta alla mafia

Una giornata drammatica, scolpita nella mente degli italiani come la “Strage di Capaci”. Uno dei simboli di quel massacro è arrivato a Pescara, in piazza Sacro Cuore, dopo un viaggio nella memoria lungo 26 anni. È quello che resta della Fiat Croma marrone che apriva la scorta di Falcone. A premere il telecomando che aziona il detonatore collegato a 600 chili di esplosivo, nascosti in uno dei tunnel di drenaggio dell’autostrada, in prossimità dello svincolo di Capaci, è Cosa Nostra. La Fiat Croma con a bordo gli agenti Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo verrà ritrovata in un oliveto, a diverse centinaia di metri dal luogo dell’esplosione, con i corpi degli agenti mutilati.

A seguire c’è la Croma bianca. Falcone quel giorno ha insistito per mettersi alla guida. Accanto a lui c’è la moglie Francesca, e sui sedili posteriori l’autista, Giuseppe Costanza, l’unico occupante dell’auto ad avere salva la vita, nonostante le ferite. In gravi condizioni anche gli occupanti della Croma azzurra, la terza macchina della scorta, gli agenti Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo. Oggi, quel che resta di quell’auto è custodito in una teca di vetro, ed è proprio in occasione del XXVI anniversario della strage di Capaci, che a Pescara, in piazza del Sacro Cuore, è stata inaugurata la mostra “Quarto Savona 15 - La memoria in viaggio” dal nome in codice della scorta. Perché quel viaggio, voluto da Tina Montinaro, moglie di uno degli agenti uccisi, in tutti questi anni – non si è mai interrotto, toccando altre città d’Italia grazie all’impegno dei familiari e della Polizia di Stato. L’iniziativa, resa possibile grazie e soprattutto all’impegno del questore di Pescara, Francesco Misiti, che in quegli anni era a Palermo, è inserito nel Premio Borsellino, ed è parte del “Progetto per la promozione della cultura della legalità, della cittadinanza attiva e responsabile” organizzato in collaborazione con il Miur, con l’associazione “Falcone e Borsellino” e con l’Ipsseoa “F. De Cecco” di Pescara. Alla cerimonia hanno partecipato 1000 studenti . In apertura di cerimonia il saluto del sindaco Marco Alessandrini, figlio di Emilio, il giudice ucciso a Milano nel 1979 da militanti di Prima Linea. Hanno fatto seguito gli interventi di Giovanni Legnini, vice presidente del Csm e presidente del Premio nazionale “Paolo Borsellino”, Luigi Savina, vicecapo vicario della Polizia di Stato, Federico Cafiero De Raho, Procuratore nazionale antimafia, Giovanna Boda, dirigente Miur, Fabrizia Francabandera, presidente della Corte d’Appello dell’Aquila, Gerardina Basilicata, prefetto di Pescara, il questore Misiti, Massimiliano Serpi, procuratore della Repubblica di Pescara e la vedova del capo scorta, Tina Montanaro. Presenti anche Angiolo Pellegrini, generale dei Carabinieri, Domenico Trozzi, già dirigente generale della Polizia di Stato, Luciano D’Amico, rettore dell’Università di Teramo, Alessandra Di Pietro, dirigente scolastica dell’Ipsseoa De Cecco, Sabrina Del Gaone, dirigente scolastica dell’Iis “V. Moretti”, Carlo Cappello, dirigente scolastico liceo Scientifico “G. Galilei”, Tommaso Navarra, presidente del Parco nazionale del Gran Sasso. Ha condotto la cerimonia Oscar Buonamano. «Abbiamo sentito il dovere di organizzare la tappa abruzzese di un viaggio che, grazie a Tina Montinaro e alla Polizia di Stato», dicono gli organizzatori del Premio Borsellino, «percorre le città dell’Italia per affermare che la memoria di uomini straordinari che hanno perso la vita per la democrazia è viva solo se tutti insieme riusciamo a trasformarla in impegno quotidiano contro tutte le mafie”. La mostra ha chiuso lunedì pomeriggio, 14 maggio. Notevole la partecipazione dei pescaresi. E non solo. 

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