In questo reportage è di loro che si parla: di cosa fanno, come trascorrono le loro serate, quali sono le loro attività in un momento tanto difficile. I luoghi presi in considerazione sono diversi, nuovi rispetto ai luoghi in cui i giovani si ritrovavano. Sono luoghi emblematici di tanti altri in cui i giovani si incontrano. Lo spirito, le intenzioni, gli stati d’animo sono più densi, più profondi e l’incontrarsi esprime motivazioni diverse e tutte rispettabili. Mentre prima ci si incontrava per passare il tempo in compagnia, oggi ci si incontra perché si vuole discutere, si vuole proporre, si vuole sognare. Anche chi frequenta la Via della Croce rossa e il centro commerciale L’Aquilone, è spinto comunque da una forte esigenza di stare insieme uniti tutti da un senso sottile di nostalgia. Nessuna valutazione morale, né atteggiamento paternalistico ma solo la nostra consapevolezza che ciascuno di noi, come persona singola, sta vivendo la sua vita cercando di vivere il tempo che passa nel modo migliore che può. Una ricerca, coordinata dal Servizio Ascolto e Consultazione (SACS), condotta sui nostri studenti, ha evidenziato con strumenti ineccepibili la notevole capacità di resilienza (la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, ndr) dei ragazzi che hanno messo in campo stili di coping, cioè di fronteggiamento delle avversità di diverso tipo ma improntati all’ottimismo, alla speranza, alla consapevolezza dell’importanza del senso della vita ed un sorprendente coinvolgimento della dimensione spirituale. Penso di poter dire che gli studenti –e i giovani in generale– sono un esempio di capacità di resistenza, di progettualità che può coesistere anche nei momenti in cui è forte la spinta ad “alzare il gomito” e farsi un bicchiere di troppo.
Massimo Casacchia
LA NUOVA PIAZZA
Casematte è uno spazio autogestito che ha sede nella zona dell’ex ospedale psichiatrico di Collemaggio. Nasce da un’idea del Comitato 3.32 ed è una continuazione dello spazio occupato pochi giorni dopo il terremoto, il 25 aprile 2009, nel Parco Unicef di Via Strinella, dove per mesi sono state organizzate svariate attività: concerti, intrattenimento per bambini, assemblee e incontri con le istituzioni. A settembre 2009, con l’arrivo del freddo, i ragazzi del 3.32 hanno sentito la necessità di trovare un’ alternativa alle tende per continuare il loro progetto di “nuova piazza” per la riflessione e l’intrattenimento. «Abbiamo passato l’estate a cercare spazi per non far morire, nel periodo invernale, il lavoro fatto» dice Sara Vegni del Comitato 3.32 «Le richieste di spazi sono state fatte anche alle istituzioni, ma non c’è stata data nessuna risposta e così abbiamo deciso di occupare questi spazi nel parco dell’ ex manicomio. Abbiamo recuperato e ristrutturato un piccolissimo edificio, un baretto. In seguito abbiamo portato dei container e costruito case di legno». A Casematte c’è un internet point, l’unico in città, c’è un medialab con postazioni per montaggio video, c’è un bar per concerti, cineforum e assemblee ed un tendone per gli eventi più grandi: ospiti di Casematte sono stati il cantante Simone Cristicchi e il regista teatrale Pippo Del Bono. È uno spazio aperto a tutti e chiunque può partecipare e portare le proprie idee. Ogni lunedì c’è l’assemblea di gestione di tutta la settimana. Gli appuntamenti fissi sono la cena vegana del lunedì e la cena jazz del giovedì. Nella piccola sala prove si alternano ogni giorno numerosi gruppi musicali di ragazzi e il mercoledì mattina un laboratorio teatrale accoglie gli utenti del centro psichiatrico e i ragazzi delle scuole. Da poco Casematte, questa piccola ed importante realtà autogestita che Sara ama chiamare “scelta di autonoma sistemazione” ha compiuto un anno.
RICOMINCIAMO DAL RUGBY
Il pallone ovale color rosa all’Aquila è una realtà giovanile in continua crescita. Le ragazze dell’Aquila Rugby non hanno niente da invidiare ai più conosciuti giocatori della prima squadra. «Per me e per noi tutte è semplicemente un’attività sportiva al di là di come si potrebbe pensare» racconta il capitano Stefania Mannucci. «L’anno scorso dopo il terremoto ci siamo allenate su un pezzo di terra perché volevamo finire lo stesso il campionato, quest’anno ci alleniamo nei campi di Centicolella dove si allena anche la prima squadra, le giovanili e i bambini. Gli spazi sono pochi e siamo in tanti». Sono 17 atlete, dai 16 ai 32 anni, portano avanti il campionato di coppa Italia di rugby a 7 e hanno in progetto di fare un calendario in divisa per promuovere la squadra ed invitare altre ragazze ad avvicinarsi a questo sport. «Non è facile che una ragazza si avvicini al mondo del rugby. Si ha sempre un po’ di diffidenza e un po’ di timore e una volta conosciuto o lo si ama o lo si odia, ma lascia il segno. Per divulgare il rugby femminile –continua Stefania– vorremmo iniziare dei progetti con le scuole per far conoscere il gioco e far crescere la passione per lo sport». Le ragazze si allenano la sera, dopo le 19, due volte a settimana per prepararsi alle partite della domenica. «È una passione forte quella che abbiamo per il rugby –prosegue il capitano– una passione che forse viene dalla tradizione della nostra città; continuare a giocare dopo il terremoto è stato importante e ci ha aiutato tanto. È stato un modo per rimanere all’Aquila con l’obiettivo di portare avanti il movimento del rugby femminile».
VOLONTARI SENZA BARRIERE
La Comunità XXIV luglio è un’associazione di volontariato che da trenta anni si occupa della promozione e della tutela dei diritti delle persone “disabili e non”. Nonostante il terremoto abbia distrutto la sede storica della Comunità, l’associazione ha continuato a svolgere le sue attività –servizio trasporto disabili, vacanze e centro diurno– operando anche durante la fase di emergenza da una tenda situata in un campo di accoglienza. A breve sarà inaugurata la nuova sede dove continueranno a tempo pieno tutte le attività. «Una sede provvisoria –spiega Anna, una delle volontarie–costruita con gli aiuti economici di tante associazioni di vario tipo da tutta Italia». Sono una decina i ragazzi volontari che ogni giorno offrono il loro servizio alle attività della Comunità XXIV luglio. «Si comincia la mattina –spiega Annalisa– con il trasporto disabili, poi c’è il pranzo e il centro diurno, e ancora i laboratori teatrali, le vacanze al mare e in montagna e tanti altri corsi, tra cui quello di decoupage. Siamo un po’ pochi come volontari –continua Annalisa– speriamo che altre persone si avvicinino a questa realtà». La nuova sede della Comunità è inserita nella Piazza delle Arti, un insieme di strutture di diversa fattura (container, case in legno) che ospiteranno 17 associazioni come Arci, Legambiente, Associazione italiana sclerosi multipla, un “Bibliobus”, il Museo di Arte Contemporanea, gli scout, gli Artisti Aquilani e molte altre. «L’idea di Piazza delle Arti è quella di creare uno spazio aperto –spiega Anna– dove far circolare le idee». «Mettere in rete conoscenze, stimoli ed esperienza –precisa Sabina– per creare uno spazio ricreativo, ma anche di riflessione per i giovani e non solo».
RITORNO AL FUTURO
Ai confini della zona rossa, in pieno centro, dove si sente l’odore del legno dei puntellamenti e della polvere delle macerie, la cantina “Il Boss” resiste come ultimo baluardo di una “normalità” e di una continuità con il passato. Molti giovani, ma anche adulti frequentano “Il Boss” durante le serate aquilane, chi per un aperitivo, chi per la cena, chi semplicemente per stare in compagnia e scambiare quattro chiacchiere dopo il lavoro. «Sei sicura che se vai al Boss qualcuno c’è, qualcuno che conosci» dice Germana, studentessa e lavoratrice. «Questo è l’unico posto che non è cambiato dopo il terremoto. In tutta questa insicurezza, è un posto sicuro». «Se non guardi le transenne e il buio di quella via là giù, sembra che non sia successo niente» aggiunge Marilia, studentessa, 28 anni. Per Alessandro, 29 anni freelance aquilano «il Boss è l’unico posto in centro storico che tiene i cittadini ancora legati al passato. A ridosso della zona rossa, un posto alla buona, semplice, una cantina». Agnese, 26 anni, studentessa: «Stare qui, nonostante le impalcature, non rappresenta la rinascita, la ricostruzione, ma semplicemente la vita, diversa da prima. Ora questa è L’Aquila». «Spero che sia una seconda casa per i giovani dell’Aquila» aggiunge Massimo, 28 anni, studente «È diverso dai nuovi locali aperti nell’immediata periferia perché qui c’è la storia. Il Boss c’era e c’è».
PURCHÈ SI VOLI
L’Aquilone, il centro commerciale più grande dell’Aquila, è diventato dopo il terremoto un punto di riferimento per i ragazzi dai quattordici ai diciotto anni. Prima del terremoto passavano il sabato pomeriggio passeggiando per le vie del centro storico ed ora, assiepati sui loro motorini o su un muretto, trascorrono il loro tempo in periferia, fuori e dentro il centro commerciale. «Prima in centro era meglio –dice Mario– si stava bene. Io abito al progetto C.A.S.E. di Bazzano, dall’altro lato della città, e per venire qui ci metto quaranta minuti». Alcune scatole di Campari e le bottigliette vuote per terra fanno da scenografia alle loro giornate «Beviamo, che dobbiamo fare» dice Giuseppe, aggiungendo «Oh, non me la fare la foto che mamma si incazza». Se si fa un giro dentro il centro commerciale, si possono vedere schiere di ragazzi seduti ai tavoli del bar o sulle panchine degli ampi corridoi illuminati da freddi neon. «Giochiamo con il cellulare, ascoltiamo musica con l’iPod, chiacchieriamo o facciamo un giro per i negozi» dice Sabrina annoiata. «Qui è meglio del centro, sta tutto più vicino. Prima si camminava di più per raggiungere un posto». «Ma che dici –risponde Giorgia– vuoi mettere il centro con il centro commerciale? In centro non ti sentivi mai da solo, qua sì». Molti di questi ragazzi da un giorno all’altro si sono ritrovati a passare da un “non luogo”, il progetto C.A.S.E., ad un altro “non luogo”, il centro commerciale; la loro vita associativa, ricreativa e culturale si è trasformata in un giro, sui mezzi pubblici, intorno alla periferia della città, magari con uno sguardo, sempre più debole, al “centro di questa ciambella” che è ora L’Aquila.
DIMENTICARE PER RIVIVERE
Via della Croce Rossa, prima del 6 aprile 2009, era una via normale, una di quelle vie d’accesso alla città, che scorre proprio sotto le mura e dove si passava solo in macchina e raramente a piedi. Ora, a distanza di quasi due anni dal terremoto,Via della Croce Rossa è diventata la via della movida aquilana: bar, pub, rosticcerie, gelaterie, tabaccherie, ristoranti, negozi e attività commerciali hanno delocalizzato il loro lavoro dal centro all’immediata periferia. L’insediamento di queste attività commerciali, però, non è stato pianificato ed ora iniziano ad esserci i primi problemi di parcheggio,traffico e sicurezza stradale, soprattutto la notte e soprattutto nei giorni“universitari”. Il venerdì è uno di quei giorni e la diaspora in macchina dei giovani aquilani da un locale all’altro è lunga e soprattutto rischiosa per la guida in stato d’ebbrezza. «Sono stato prima a ballare in un locale a dieci chilometri da qua e lì mi hanno offerto da bere» dice Ernesto «poi mi sono andato a mangiare un supplì qua sotto e mi sono bevuto una birretta. Ora qui al pub altre due birrette me le sono fatte e il fine serata al night al paese di Pizzoli, quello dall’altra parte della città e poi torno a casa». È l’una di notte è c’è chi ha ancora voglia di spostarsi e rischiare sia di fare un incidente stradale, sia di farsi ritirare la patente. «Questo posto è la voglia di non pensare a quello che è successo» dice Katia. «Qua è tutto come prima, la gente, la musica. Qui si torna alla normalità e ci si dimentica del terremoto». Katia è una studentessa aquilana, ha 26 anni e si diverte a ballare fuori dal pub, su un piccolo cubo. «Da quando hanno riaperto questi locali io ci passo quasi tutte le serate che sono libera. Ti puoi rivestire, ti fai due “tazze”, due chiacchiere. Stare all’Aquila ora è dura e questo è un modo di reagire».