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Treni, canzoni e rami secchi

Un trenino delle Ande in versione trenino degli Appenini, da costa a costa. Un tragitto non breve, non comodo, non veloce ma bellissimo per chi lo affronta con il naso attaccato ai finestrini. Ma si potrebbe mettere mano alla revisione della linea e tornare a viaggiare sui binari con orari ragionevoli

di Luciano Di Tizio

Non posso fare a meno di pensarlo: se Francesco Guccini avesse conosciuto il treno sull’Appennino abruzzese, invece che nella sua amata Pianura Padana, avrebbe mai scritto “la macchina pulsante sembrava fosse cosa viva, / sembrava un giovane puledro che appena liberato il freno / mordesse la rotaia con muscoli d’acciaio, / con for

za cieca di baleno”? (“La locomotiva”, nell’album “Radici” del 1972), Certamente avrebbe avuto difficoltà a comporre, più avanti nella stessa canzone, il verso “e intanto corre corre corre sempre più forte”. Già, perché il treno da queste parti non ha mai corso davvero. Piuttosto arranca, si arrampica, sbuffa, si affatica... un mulo da carico, testardo e tenace, altro che focoso giovane puledro! Sui monti, però, perché la linea adriatica, che costeggia la regione accarezzando il litorale, è tutt’altra storia. Quella, dopo avere difeso il mare dall’assalto del cemento, per oltre un secolo con la sua sola presenza, ora accarezza persino il sogno dell’alta velocità, del collegamento veloce che accorcia le distanze, ed è comunque una linea affollata, di convogli e di passeggeri. Mi riferisco invece ad altre linee, quelle che tagliano in orizzontale la regione, dall’Adriatico verso il Tirreno, che si inerpicano nelle aree interne. Hanno segnato la storia di queste langhe prima che le scelte politiche degli ultimi cinquant’anni, tutte favorevoli alla mobilità su gomma, riducessero molti di quei gloriosi binari a semplici vestigia del passato. La strada ferrata che corre per L’Aquila e va verso Rieti è moribonda; quella che da Sulmona, attraverso incredibili paesaggi montani, si arrampica verso Campo di Giove, Palena, Roccaraso... è poco più di un ramo secco – impietosa definizione – che si rivitalizza solo con poche iniziative turistiche.

La Sangritana, i cui treni hanno in tempi neppure troppo lontani attraversato una bella fetta d’Abruzzo, è viva e vegeta ma i suoi convogli collegano oggi soltanto Lanciano, Vasto, Pescara, Teramo... nei piccoli paesi dell’interno i binari a volte neppure ci sono più, in altri casi vengono utilizzati di rado: il treno della valle da servizio per i cittadini è ridotto a rara occasione di divertimento per gite vintage. (Articolo completo su Vario 89 in edicola)

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