Il Cinema-Teatro Pomponi sorgeva sull’area dell’attuale parcheggio di Piazza Primo Maggio: era stato costruito nel 1923 e venne demolito nel 1963, in circostanze un po’ misteriose. Fu realizzato
in soli due mesi, ed era destinato a durare poco, perché costruito su un’area di proprietà del Comune che alla scadenza della concessione, doveva tornare in possesso del sito; l’impresario non esagerò quindi nella qualità della costruzione. La demolizione del Pomponi è assurta in città a emblema del poco riguardo per il passato, per la cultura; la fregola di una città senza rughe (Manganelli), dove in effetti nulla viene lasciato invecchiare e tutto viene demolito o malamente ringiovanito. Ironia del destino, il Pomponi nasceva a sua volta da una demolizione, o meglio dal sacrificio di quello che era l’emblema della Castellammare balneare, e cioè del Padiglione Marino, una costruzione stile liberty, che si trovava nell’area dell’attuale Chiesa sul mare, che aveva il paio nel Circolo Tennis, dal lato opposto di quelli che allora si chiamavano «Giardini a Mare», e che sono oggi la inguardabile Piazza Primo Maggio. Il perché i cittadini di Castellammare, in competizione con i pescaresi, lo fecero realizzare da Teodorico Pomponi commerciante di muli, lo si può leggere in un articolo di Marco Patricelli, che sfata il mito del benefattore disinteressato; aggiungo io- che nel 1944 Pomponi, impresario di regime, con Pescara in ginocchio, fece causa al Comune, chiedendo il sequestro del Teatro, rivendicando la proprietà dell’edificio. Ancora misteri: non si sa perché i tedeschi non l’avevano fatto saltare, eppure stava proprio nella posizione dove di solito demolivano tutto - per avere visuale, allargare l’angolo di tiro; tagliarono addirittura tutti gli alberi del Corso e distrussero le case che stavano sull’odierna Piazza Salotto; la storia (Catania) ci insegna che sotto questi riguardi c’erano normalmente trattative. In ogni caso s’era salvato per miracolo o per borsa nera dalla guerra, ma nel 1945 si era già deciso che doveva andar giù: questo era previsto dal famoso Piano di Ricostruzione di Luigi Piccinato. Non tanto perché fosse un edificio senza pregio architettonico e di nessuna rilevanza storica, quanto perché il teatro della nuova Pescara doveva stare a Piazza Salotto: anzi quest’ultima (che fu la grande novità urbanistica del dopoguerra) nacque proprio perché serviva al nuovo Grande Teatro.
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